Il libro era divertentissimo, fu un romanzo di cui parlarono tutti quanti. (…) Appena arrivata a Parigi, Zazie vuole vedere la metropolitana, «il metró, il metró», ma la metropolitana è in sciopero.
Louis Malle, in un’intervista del critico cinematografico Philip French
Se dici Parigi e conosci lo scrittore francese Queneau, non puoi non pensare a Zazie, dieci anni e tutto pepe.
Nata dalla penna dell’autore tradotto in Italia da Calvino (con cui stringerà una forte amicizia, ndr), Zazie è una ragazzina sicuramente da “incontrare” per ogni lettore. A contraddistinguerla dalle eroine sue coetanee, protagoniste di altri romanzi, è il linguaggio, tanto immediato quanto pungente, astuto, dissacrante.
Il romanzo accoglie il lettore alla Gare d’Austerlitz, stazione di Parigi, dove lo zio Gabriel riflette sul fatto che sia “assurdo supporre che la gente che sta aspettando alla Gare d’Austerlitz puzzi di più di quella che aspetta alla Gare de Lyon”, e intanto aspetta sua sorella e sua nipote, Zazie appunto. Giunte da un paese poco fuori Parigi, la madre affiderà la bambina allo zio per trascorrere due giorni col suo amante. Saranno due giorni in cui accadrà di tutto per un semplice motivo: il desiderio di Zazie di vedere la metro. Desiderio tanto irrefrenabile quanto…
– Zio, – strilla, – si piglia il metró?
Con questa domanda, lanciata quasi a caso mentre galoppa dietro a suo zio che si proietta ora a destra ora a sinistra, lungo una traiettoria a lei sconosiuta, la bambina scopre un’assurdità.
– Già, sí; sciopero. Il metró, questo mezzo di trasporto eminentemente parigino, s’è addormentato sotto terra, perché gli addetti alle pinze perforanti hanno interrotto qualsiasi lavoro.
Che il seguito delle due giornate possa diventare colorito oltre ogni immaginazione e fantasia, il lettore lo intravede appena, in queste prime battute: la risposta di Zazie a suo zio rivela subito di che pasta è fatta.
– Ah, porci, – esclama Zazie, – ah, cialtroni. Farmi una roba così!
Zazie nel metró è un viaggio attraverso Parigi e personaggi surreali, drag queen e travestimenti vari, al limite del possibile, dove tutto è imprevedibile e folle, eppure tutto ha un suo ordine e una sua logica. Logica dettata, appunto, dal desiderio di Zazie e dai suoi capricci, ma anche dall’essere macchinosi, bugiardi e ambigui degli adulti.
Zazie scapperà dalla casa dove è ospitata, si perderà per le vie della capitale francese alla ricerca di un varco nella metro. Perdendosi, attirerà volutamente le attenzioni di uno sconosciuto, Trouscallion. Perchè la bambina è tutt’altro che sprovveduta e innocente: accortasi che l’uomo la insegue, lo condurrà dove lei vorrà, lo indurrà a invitarla a mangiare in un ristorante (perchè lei ha fame ma non ha soldi) e a comprarle un paio di jeans americani al mercato. Facendo provare i jeans alla piccola peste, lo scrittore Queneau crea altri dialoghi e momenti epici tra la ragazzina e il proprietario della bancarella, con un Trouscallion in disparte ma non fuori dalla scena letteraria.
Ci sono personaggi che si preoccupano per la bambina, immaginandola sola e disorientata nella grande città, altri che confidano nelle sue capacità, altri che ne subiscono il caratterino. Lo stesso Trouscallion farà una brutta fine. In tutto ciò, la madre della bambina è beata tra le braccia del suo amante, ignara di quel che accade.
Nella parte finale del libro, prima della scena che chiude il romanzo, rivelando un altro aspetto (sottile) di Zazie, tutto sfuma ulteriormente nell’irreale. Anche in questo romanzo, come ne I fiori blu, Queneau abilmente dissolve il romanzo in sogno, o perlomeno è questo l’intrigo mentale che evoca nella mente del lettore: i personaggi trasfigurano in altro da sé, l’ambiguità pensata appare verità rivelata, tutto è fortemente accelerato e al tempo stesso rallentato. Intanto la scena letteraria scorre sotto gli occhi del lettore. Lo stesso scrittore, Queneau, a tal riguardo, ha dichiarato:
«Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un’ombra, Zazie il sogno di un’ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l’ombra di un’ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota.»
Il romanzo si chiude con un paradosso dell’assurdo: Zazie entra nella metropolitana, lo sciopero è finito. Eppure non può vedere realizzato il suo sogno: vi entrerà e vi viaggerà addormentata, tra le braccia di suo zio, per raggiungere la madre e insieme risalire sul treno che le condurrà a casa. Sulla via del ritorno, dopo aver appreso che Zazie non è riuscita a vedere il metró, la madre le chiederà: «E allora, cos’hai fatto?».
«Sono invecchiata» è la risposta della bambina, ultima riga del romanzo.
Sono invecchiata: due sole parole concede Queneau a Zazie per far reincontrare surrealismo e realismo e ricondurre definitivamente a questo il lettore. Perché la verità è che ogni sogno, ogni peripezia, ogni follia, se non portano a impugnare l’oggetto del proprio desiderio, di sicuro ci conducono verso la vecchiaia, unica garanzia del futuro.
Queneau, in questo romanzo più che ne I fiori blu, si diverte con giochi di parole, con parole maltrattate perché incomprese e quindi alterate. I suoi personaggi sono i creatori di una nuova lingua; il fatto che Zazie sia una bambina che vive tra drag queen, omosessuali e adulti è il pretesto letterario per storpiare alcuni termini e mostrarci altri aspetti della lingua che pensiamo di conoscere. La parola, con Queneau, si fa indiscreta, indelicata, quando alterata. Tutto ciò ha significato fatica per Franco Fortini, che ha tradotto Zazie nel metró in italiano per Einaudi, nel 1960. Il lavoro di traduzione dei lavori di Queneau ha fatto nascere una grande amicizia tra lo scrittore e il nostro connazionale Calvino, nel 1967, quando quest’ultimo si trasferisce a Parigi, sebbene l’amicizia italiana più grande dello scrittore francese sia stata quella con un pittore (Calvino tradurrà l’opera successiva di Queneau, I fiori blu, nel 1965).
Zazie nel metró è diventata, nel 1959, una pellicola cinematografica, nonché una sfida per il regista Louis Malle: lo stesso regista, in un’intervista del critico cinematografico Philip French, ha dichiarato che ad attrarlo era stata proprio la difficoltà di realizzazione, quindi di trasposizione del romanzo in film.
Il regista ci regala una meravigliosa sintesi della ragazzina senza-mezze-misure in fatto di immediatezza di linguaggio: nella stessa intervista, rivela di averla messa a confronto con Shirley Temple e dichiara:
(…) si potrebbe dire che si trattava di una sorta di anti-Shirley Temple. (…) La Temple è sempre adorabile, mentre Zazie è una ragazzina inquieta che dice parolacce e si ribella a tutto ciò che le viene ordinato di fare. Terrorizza gli adulti, il che è divertentissimo. Ma il mondo che scopre è caotico, privo di ordine e significato, ogni personaggio subisce delle trasformazioni. Così ogni volta che crede di aver capito cosa sta succedendo, subentra qualcos’altro, e lei si accorge che è cambiato
da “Il mio film su Zazie, Intervista a Louis Malle”, di Philip French
tutto. Chi d’altronde non l’ha sperimentato? È un fatto che osservo tutti i giorni, il mondo non è mai quello che credevo fosse. Ciò che era assolutamente centrale in Zazie e che continuo non solo a scoprire, ma a introdurre sempre più nei miei film, è il fatto che la gente, in particolare gli adulti, fanno sempre il contrario di quello che dicono. Sono le menzogne fondamentali della nostra vita. Naturalmente, in Zazie la cosa è puramente comica, è la molla che fa avanzare la commedia… lo zio e tutti gli altri le mentono di continuo. Zazie non riesce mai a ottenere una risposta diretta.
Se leggerete questo romanzo, Zazie vi rimarrà impressa per sempre. Perché è irriverente e amabile, una piccola terrorista-per-adulti eppure così desiderosa di attenzioni.
Ho letto il romanzo molti anni fa. Il linguaggio carico di parolacce e astuzia della piccola peste (e del suo papà artefice, Queneau) , le scene surréaliste, i personaggi bizzarri, rendono l’opera singolare nel suo genere, impossibile da scordare e dimenticare (che non sono la stessa cosa).
Considerando tutte le peripezie vissute attraverso le pagine, uno sembra il grande messaggio di Zazie: se avete un sogno, preparatevi a tutto pur di non rinunciarvi e tentate tutte le strade. Occhio però: alle volte il sogno della vostra vita vi apre le porte da sé, è lì davanti a voi, ma voi state pensando alle vacche piuttosto che a vivere (scusate il registro poco aulico). Motivo per cui, personalmente vi consiglio: sognate sí, ma soprattutto vivete, e non aspettate domani, quando e se il metró dei vostri sogni riprenderà a funzionare, ma acciuffate l’oggi. Plutôt la vie, come dicono i francesi.
Se andrete a Parigi dopo averlo letto, di sicuro vi chiederete se il metró funzioni o no, magari col timore di uno sciopero inaspettato e il desiderio di incontrare un sorriso pestifero, se non Zazie in persona.
Testi a cura di Luana Lamparelli
I passi di Zazie nel metró presenti nell’articolo sono tratti dall’opera pubblicata in Italia da Giulio Einaudi nel 1960, per la prima volta nella collana “I coralli”.
Titolo originale dell’opera: Zazie dans le métro, 1959, Éditions Gallimard, Paris.
L’intervista a Louis Malle è tratta da Louis Malle, Il mio cinema. Conversazioni con Philip French, Le Mani, Genova-Recco, 1993.
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