Pezzi

“Sono a pezzi”, sento dire a un tratto. “Sono emozionato. Più invecchio e più divento sensibile”, aggiunge.

Parole che ascolto furtivamente.

Rifletto sull’accezione di quel modo di dire, “essere a pezzi”, assegnata da una prospettiva inedita per me. Non mi meraviglia che sia un uomo a farmela cogliere, ad insegnarmela direi: in questo periodo molte considerazioni stanno cambiando in me partendo proprio dal mondo maschile.

Essere a pezzi con accezione positiva: perché anche le emozioni belle ci fanno a pezzi, quando sono legate ai momenti più intensi, ai dettagli più significativi.

E poi ho riflettuto ancora. La nostra vita, in fondo, è un insieme di pezzi: pezzi di cuore sparsi per paesi e nazioni diverse; pezzi di felicità ancorati a immagini e fotografie – e anche le fotografie sono pezzi di un racconto più ampio. Pezzi di vita sparsi e diffusi, per le camere e per le case, nella forma di oggetti: libri, dischi, quadri, vestiti che non indossiamo ma conserviamo, profumi. Soprammobili, anche quelli, anche se ci tocca spolverarli, o conservarli in scatole come ripostigli o nascondigli. Quanti oggetti ci riportano a noi e anche lontano da noi, a quelli che siamo stati e che non siamo più, ma che continuiamo a custodire dentro di noi, in un angolino come nido, come tana? Una tana da cui vogliamo essere stanati, talvolta.

Qualche tempo fa – quasi due anni, per l’esattezza – ho avuto un’idea che ho rimandato a lungo nel realizzarla. Più che un’idea, è un progetto editoriale. Avevo iniziato da poco a recuperare oggetti miei, dopo esserne stata lontana per 18 mesi, e avevo cominciato a ritrovarmi, pezzo pezzo a ricompormi.

27 Gennaio 2023. All’uomo di fronte a me, dicevo: “Ogni cosa ci riporta a casa: ogni cosa racconta di noi. Non è questione di materialismo, è identità personale, che è anche sociale. Ogni cosa ci racconta e ci riconduce a noi stessi”.

“Assolutamente sì. Anche i profumi”, mi rispondeva.

Nel giorno del mio compleanno sono solita sparire. Sparisco per tutti, tranne per chi mi vuol trovare – e da cui io voglio essere trovata, ndr. Così quella sera eravamo insieme. Sguardo scuro, pelle chiara, sorriso complice.

Cosa farai stasera? – Niente – Allora stiamo insieme. Passo a prenderti alle 21:00

Era bastato questo scambio di messaggi, all’ora di pranzo, perché mi stanasse e ci ritrovassimo l’uno di fronte all’altra.

All’epoca avevo già pensato di scrivere questo articolo, perché avevo iniziato a respirare lontano dalla paura di tutto ciò che mi aveva terrorizzata per volontà altrui e avevo ripreso a ritrovarmi, a raccontare a me stessa chi fossi, chi fossi stata. Quello che non mi aspettavo è che non riuscissi a scriverlo, come invece desideravo e nella mia testa realizzavo, a differenza delle azioni concrete ma incoerenti.

Immagine dal web (e dal mio archivio)

Oggi, oggi che sono passati esattamente 672 giorni da allora, quel processo di riacquisizione di consapevolezza sul mio passato strettamente personale e individuale, di riappropriazione delle mie certezze e sicurezze costruite come fortezze, quella volontà s’è fatta più tangibile. Più che pensata, ragionata, rievocata attraverso gli altrui ricordi e racconti su di me, su come gli altri mi hanno sempre percepita e vissuta, quella che sono sempre stata torna a me e mi viene restituita attraverso le corse contro il tempo, le prove concorsuali e d’esame – gli esami non finiscono mai -, attraverso le alleanze che si creano, che si rinsaldano e che mi sostengono: attraverso le azioni, i gesti, il fare, il procedere. Nella fortezza in cui mi ero rinchiusa per proteggermi e sottrarmi alle mele avvelenate, con le scarpette rosse ai piedi come Dorothy in cammino verso il Mago di Oz coi suoi nuovi amici, faccio entrare loro, le alleanze, e il passato. Infastidita profondamente all’inizio, pian piano ho imparato a vederli interagire e ri-costruire il significato del presente, questi oggetti vecchi con quelli recenti, in un dialogo creativo e rivelatore. Nei tentativi di resistenza e negli esercizi di pazienza, ho percepito il passato che invadeva i miei spazi (passato recuperato sotto forma di oggetti e indumenti di qualche anno fa) come un assedio, una violazione alla serenità costruita duramente dal giorno dopo il 18 Agosto 2021. Mi sono costretta nel ruolo di osservatrice e ascoltatrice del dialogo tra quel che è e quel che è stato, quella che ero e quella che sono diventata. I primi tempi non è stato facile. Adesso però “Qualcosa è cambiato”, come dice Jack Nicholson nel bellissimo film. Adesso riprendo a scrivere, e forse la scrittura è la maggiore espressione della riappropriazione di me stessa.

Sono stata a pezzi, ma quei cocci li ho custoditi e protetti, gelosamente e anche avidamente, prepotentemente e con dolcezza, tenerezza, sotto una scorza di diffidenza sempre più spessa. Dopo la pazienza e la dedizione, la resistenza e la resilienza, adesso li riscopro insieme tutti sani e tutti saldi, e io sono salva.

Ricompongo tragitti mentre corro nuovi passi e nei passi compongo pensieri, racconti, trame e intrecci. Nel frattempo, la mia vita si intreccia a nuove persone, si mescola con nuovi sorrisi, altri sguardi, altre vite, tra parole, aneddoti, esperienze, viaggi, sapori, odori, profumi. E oggetti.

Se dovessi tracciare una narrazione della mia vita, i libri sarebbero al centro, oggetti eletti per eccellenza, filo conduttore e motore propulsore: i libri desiderati – quando non sapevo ancora leggere -, i libri letti con le sillabe impacciate e pronte a inciampare ma non a farmi arrendere; i libri studiati, i libri odiati – e per questo presi in prestito in biblioteca per potermene subito disfare -, i libri comprati e disposti sugli scaffali delle mie stanze – quelli di quando con loro e con un’altra parte di me ho finalmente fatto pace, dopo il liceo -; quelli scritti, quelli dedicati, quelli ricevuti in dono. Hanno tutti ragione riporta la copertina dell’unico che potrebbe raccontare di notti precedute da rosari e vissute su un’isola rotondeggiante. Infine, i libri consultati e impregnati di preghiere e ansie: quelli dei concorsi. I concorsi che non finiscono mai, come gli esami.

Oggi è primo Dicembre. Matera, qualche giorno fa, mi ha fatto realizzare che sarà Natale a breve. “Qualunque cosa accada, non permetterò mai, a niente e nessuno, di rovinarmi il Natale”, prometteva l’adolescente che ero, durante un pranzo di Natale andato a male. “Adesso puoi riaprire le tue scatole e ritirare fuori i tuoi vecchi addobbi natalizi, dopo tutto questo tempo” constatava e mi riferiva l’adulta che sono diventata, il 28 di Novembre, tra sassi e sorprese.

Oggi che è primo Dicembre, oggi comincio a scrivere e condividere il primo pezzetto di quel progetto editoriale pensato due anni fa, quello per cui Ogni cosa ci racconta e ci riconduce a noi stessi – Assolutamente sì. Anche i profumi.

Il resto, lo scoprirete leggendo, nei giorni verso il Natale e oltre.

Per ora mi sento a pezzi: sono pezzi di felicità, di serenità; di cose, volti e voci che  tornano a cercarmi in sogno e a tratti mi rattristano, ma sono lontani da me per loro scelta e loro volere.

Mi sento a pezzi e ogni pezzo racconta di me. Nell’unicum sono “intera, complessa ma non complicata”, come dice l’editore che ha promesso di non pubblicarmi mai.

Se ci pensi bene, se leggi attentamente, sei anche tu tra queste righe.

L.L.

PLAYLIST – Come sono solita fare quando scrivo

1. Nora Jones, Come away with me

2. Elvis Presley, Suspicious mind

3. Perry Como, Killing me softly with her song

4. Frank Sinatra, Young at heart

5. Hooverphonic, Mad about you

5. Frank Sinatra, Send in the clowns

6. Don McLean, American Pie

7. Celeste, Hear my voice

8. Peggy Lee, Fever

9. Artic Monkey, Perfect sense

10. Kasabian, Goodbye kiss

11. The Libertines, You’re my Waterloo

12. Muse, Starlight

“Hanno tutti ragione” è il titolo di un romanzo di Paolo Sorrentino.

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Luana Lamparelli
Luana Lamparelli, pugliese, autrice e scrittrice, collabora con artisti, scrive racconti romanzi e poesie, cura rubriche.

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