Estate 2017, la Croazia, il mio ritorno a Dubrovnik dopo dieci anni dall’ultima volta. Nella valigia, un libro che occupava i miei scaffali da cinque anni, vivendo diversi traslochi, testimone di una consegna mai avvenuta (anche per i libri esistono i Dietro le quinte).
Una volta letto, non ho avuto dubbi: se l’estate fosse un libro, sarebbe sicuramente L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón.
È iniziata così la mia avventura tra le pagine della Barcellona stregata e il Cimitero dei Libri Dimenticati inventato dallo scrittore spagnolo.
Il brontolio lontano di un temporale estivo
Carlos Ruiz Zafón, L’ombra del vento, Oscar Mondadori
C’è un’ombra tetra, scura, inquietante, più simile a un’allucinazione che a una presenza reale. Ci sono ricordi lontani ma ancora vivi nella memoria di qualcuno, passioni incancellabili che pulsano di eco sul suo presente. Proprio come il ricordo di un temporale scoppiato nella bella stagione, che non perde la sua forza, se rievocato con la mente e il cuore di chi ha amato e perso. Tutto questo e molto altro c’è ne L’Ombra del vento.
L’ombra del vento è il primo capitolo della tetralogia del Cimitero dei Libri Dimenticati, ossia il punto di partenza per perdersi in un labirinto di verità e vite diverse che coinvolgono numerosi personaggi e convergono verso un’unica storia di scrittori e libri maledetti.
Con le prime pagine del romanzo, il lettore incontra subito Daniel Sempere, protagonista principale attorno a cui ruotano tutte le vicende e a cui conducono tutte le vite che Zafón farà conoscere al lettore coi capitoli successivi della tetralogia. Daniel ha dieci anni quando inizia a prendere per mano il lettore; ne avrà trentuno quando l’avrà condotto sino all’ultima riga dell’ultima pagina, al termine del primo romanzo che ha portato il suo autore alla fama mondiale. Con l’ultima pagina del primo capitolo di questa incredibile tetralogia, non si arriva a una conclusione, quanto a una dichiarazione che fa da apripista al romanzo successivo, Il Gioco dell’angelo.
Nel primo capitolo del Cimitero dei Libri Dimenticati, la storia biografica di Daniel Sempere si intreccia e procede in parallelo con la vita di Julián Carax. Il romanzo si apre con Daniel terrorizzato da una scoperta: non ricorda più il volto della madre, morta quando aveva solo quattro anni. Per consolarlo e incoraggiarlo, appassionarlo a un mistero e aiutarlo a diventare adulto nonostante il dolore, suo padre decide di rivelargli un luogo magico e segreto, di cui non dovrà far parola con nessuno. Si tratta del famoso Cimitero dei Libri Dimenticati. Nella nebbia che scopare con l’alba, due figure esili si allontaneranno in una Barcellona ancora addormentata. Da lì tutto inizierà a muoversi, creando un mondo di verità negate e nascoste, da scoprire e restituire.
Due ragazzi che sorridevano al fotografo. Lui, che poteva avere diciassette anni o diciotto anni, aveva i capelli chiari e i lineamenti aristocratici, fragili. Lei, che sembrava appena più giovane di lui, di uno o due anni al massimo, aveva una carnagione bianchissima e un volto perfetto, incorniciato da corti capelli neri che mettevano in risalto uno sguardo radioso, avvelenato di gioia. Lui le cingeva la vita e lei sembrava sussurrargli qualcosa di spiritoso. L’immagine mi strappò un sorriso, come se in quei due ragazzi avessi riconosciuto dei vecchi amici. (…) Dietro di loro si intravedeva la vetrina di un negozio piena di cappelli ormai fuori moda. (…) Le fiamme avevano rovinato i contorni della fotografia, ma dietro quella vecchia vetrina si scorgeva una sagoma spettrale, un volto severo che spuntava tra le lettere della scritta. Figli di Antonio Fortuny – Casa fondata nel 1888. La notte in cui ero stato al Cimitero dei Libri Dimenticati, Isaac mi aveva raccontato che Carax usava il cognome della madre. Il padre di chiamava Fortuny, e aveva una cappelleria nella ronda de San Antonio. Osservai meglio il ritratto e capii che quel ragazzo era Julián Carax, che mi sorrideva dal passato, ignaro delle fiamme che incombevano su di lui.
Carlos Ruiz Zafón, L’ombra del vento, Oscar Mondadori, pg.99
In questo stralcio del romanzo ci sono gli elementi fondamentali su cui poi si costruisce la storia. Lei è Penelope Aldaya, chiave di volta della storia di Carax. Che fine ha fatto Julián Carax, autore che nessuno quasi conosce? E perché qualcuno sta distruggendo tutti i suoi romanzi, dandoli in pasto alle fiamme, sottraendoli e rubandoli ai legittimi proprietari o incendiando il deposito della casa editrice? Sono questi gli interrogativi che muovono Daniel nella sua lunga ricerca della verità, mosso dal desiderio di scoprire chi sia stato l’autore che ha scritto il libro da lui adottato quando ha conosciuto il Cimitero dei Libri Dimenticati. Perché esiste una regola a cui nessun visitatore del Cimitero dei Libri dimenticati può sottrarsi: chi vi entra, deve adottare un libro. Uno solo tra centinaia e migliaia di libri lì custoditi per sempre. La leggenda vuole che in realtà sia il libro a scegliere il suo prossimo proprietario. Daniel Sempere sceglierà e prenderà con sé, per custodirlo contro tutto e tutti, L’Ombra del vento scritto da Julián Carax (da qui il titolo del romanzo di Zafón). Nulla succede per caso: il libro, da cui Daniel sarà prima attratto e poi stregato, lo porterà sulle tracce del proprio passato. Si rivelerà infatti il primo tassello di una storia più complessa che unisce nomi e persone a lui care e che lo condurranno a incontrarne di nuove, scoprendo dettagli e dichiarazioni sempre più spiazzanti. La scoperta della verità su Carax gli consentirà di portare alla luce vicende tristi e crudeli.
Con i quattro volumi della tetralogia, il lettore si trova di fronte a un labirinto. Il Minotauro è il passato, il filo di Arianna sarà tenuto da una parte da Daniel, dall’altra dai suoi amici più fedeli: Fermín e Beatriz.
Una fitta rete di personaggi si muove nella Barcellona gotica, fascinosa e pericolosa del dominio di Francisco Franco, tra poliziotti e ispettori senza scrupoli al servizio del regime, gente affamata di potere, uomini di cultura e gentilezza che tentano, a loro modo, di salvare un mondo sconosciuto ai più. L’intreccio si snoda magistralmente, svelando pezzi di un puzzle non privo di colpi di scena, rancori, amori maledetti e segreti.
Zafón scrive una storia unica. Pur ruotando tutto intorno a Daniel Sempere, procede su più binari e piani paralleli. Così come nella vita, dove ciascuno è tutte le storie che lo hanno preceduto e tutte quelle che incontrerà, per il giovane Sempere ricostruire la propria storia e ritrovare la propria verità significa conoscerne anche altre: quella di chi più lo ha amato, soprattutto. Ma di questo vi parlerò più in là, con i prossimi capitoli della tetralogia. Credo, invece, sia doveroso dire sin da ora, dato che la tetralogia racconta di scrittori e amanti dei libri, che l’autore spagnolo
Zafón rivela agli appassionati il mondo degli scrittori. Ogni libro, come mi piace sempre ripetere, non è solo quello che vi si può leggere dentro: esso è anche la vita del suo autore, quello che gli è accaduto mentre vi lavorava, quello a cui ha rinunciato per scriverlo, tutti i sentimenti che ha dovuto mettere da parte per dedicarsi a dare vita ai personaggi, per seguire e scrutare le loro vicende. È anche l’insieme di speranze, sogni, illusioni; è la vita dei suoi amici e nemici, di case editrici e rivali o aspiranti tali. Di tutto questo ci parla bene l’autore spagnolo attraverso l’artificio letterario di Carax.
L’uomo sorrise e annuì. Julián Carax aveva il sorriso più bello del mondo. Era tutto ciò che restava di lui.
Carlos Ruiz Zafón, L’ombra del vento, Oscar Mondadori
Quando nella vicenda si rivela tutta la verità su Julián Carax, non si può far a meno di intristirsi: Zafón non ha concesso il riscatto a questo uomo abbandonato e tradito da tutti, giocato dal destino e volutamente tenuto all’oscuro dalla verità. Questo è il motivo per cui ho odiato il romanzo e Zafón, a un certo punto. Poi però sono tornata ad amarlo: a riscattare ogni scrittore sono i veri lettori. A riscattare Carax sarà Daniel, che lo aiuterà a trovare la salvezza dal proprio inferno interiore e a far pace col proprio passato.
Le emozioni dei personaggi diventano vive nell’animo di chi legge, tra rabbia, disperazione, amore, speranza, ambizione, paura, sollievo. Il mistero dei libri bruciati può far bruciare il cervello, ma è anche vero che i lettori più attenti sapranno porsi la domanda giusta già dopo le prime tredici pagine e indovinare la risposta. Eppure Zafón resta eccellente scrittore: prende per mano il lettore che ne ha scoperto il trucco, lo conduce dove lui vuole, gli mostra altri tasselli che potrebbero combaciare coi primi e lo illude che la verità possa essere un’altra, che abbia preso un abbaglio. Inevitabile, come successo a me, non sentirsi traditi e raggirati, quando si scopre che la pietra miliare della sua stregoneria è esattamente l’intuizione avuta e da cui si è stati abilmente allontanati. Alla fine, Zafón si ama anche per questo: scrivere un libro è inventare un mondo, creare una magia capace di rapirti e fascinarti, confonderti, stordirti, disorientarti, e con un’ultima vertigine riportarti alla realtà. Questo fa Zafón con L’ombra del vento, questo è il suo grande merito.
Bea sostiene che leggere è un’arte in via d’estinzione e che i libri sono specchi in cui troviamo solo ciò che abbiamo dentro di noi, e che la lettura coinvolge mente e cuore, due merci sempre più rare.
Carlos Ruiz Zafón, L’ombra del vento, Oscar Mondadori
CONSIGLI DI LETTURA
I capitoli della tetralogia del Cimitero dei Libri Dimenticati possono essere letti secondo un ordine casuale, a discrezione di ciascun lettore, come lo stesso autore precisa in ognuno. Il loro ordine di scrittura è il seguente:
- L’ombra del Vento
- Il gioco dell’angelo
- Il prigioniero del Cielo
- Il labirinto degli Spiriti
Personalmente li ho letti tutti secondo questo ordine: 1, 4, 2, 3. Avendo una visione d’insieme, vi suggerisco di rispettare l’ordine di scrittura e di pubblicazione. Essendo una storia molto strutturata, densa e fitta di episodi, personaggi, epoche differenti, vi consiglio vivamente di assecondare il filo logico con cui il suo autore l’ha generata.
DIETRO LE QUINTE
C’è una libreria. Domenica mattina, Primavera inoltrata, Sole splendente. Una libraia arriva per il suo turno. Esuberante, disinvolta, parla e scherza col collega. “Non ci sono più copie de L’ombra del vento“, le fa, smorzandole un po’ il sorriso. “Come? Avete finito L’ombra del vento e non avete pensato di riordinarlo per rimpiazzarlo? Non posso proprio lasciarvi per cinque giorni”, risponde lei, seria e dispiaciuta. A un tratto, qualcosa in secondo piano richiama la sua attenzione. Mette a fuoco: una mano la sta salutando, segue il braccio e incontra un sorriso sornione, un volto conosciuto. Non s’aspettava di trovarselo in libreria, a lavoro. “L’ha chiesto lui, è tuo amico?”, le chiede il collega. “Puoi andare, me la vedo io”, ribatte lei.
Quella copia de L’ombra del vento non è mai giunta a destinazione del suo richiedente.
Era l’inizio dell’estate del 2012.
Certi libri sanno aspettare. Di solito, solo quelli capaci d’attendere sono i più belli.
Recensione a cura di Luana Lamparelli
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