HOUSTON, LA PRIMAVERA

 

(Parte la solita musichetta mentre parlo con Houston. Oggi suona Yann Tiersen, se fate click lo sentite anche voi.)

HOUSTON, DA QUANTO TEMPO È CHE NON CI SENTIAMO?

Sì, lo so: sono io la latitante. Ma ti penso, cosa credi? Non ti scrivo, è solo questo.

Come tante mail che recito nella mia mente, tra la frenesia e l’andirivieni del quotidiano, e che sempre rimando: a un altro momento che puntualmente non arriva mai. Teresa a Parigi, lei che mi chiamava “Lulùdaimillecolori”, è forse l’unica che può vantarsi di una mia certa costanza imprecisa.

Suvvia, non fare capricci: ti scrivo oggi ch’è un giorno speciale: te ne devi rallegrare!

Ho un sacco di colori per te, profumano di primavera.

È arrivata anche quest’anno, sai?

Sì, anche quest’anno. Dopo le dimissioni di Renzi che ha preso peso. Sarà che dorme meglio, o per compensare un ego un po’ sgonfiato. Dopo la cattivissima campagna pubblicitaria della Lorenzin sulle mancate procreazioni. Cattivissima non per il messaggio di fondo (no, per quello l’aggettivo giusto è “penosa”), ma perché secondo me i grafici che l’hanno ideata si sono divertiti un sacco a fargliela così come la conosciamo noi. Insomma, i cittadini ai politici qualche torto glielo devono pur fare, o no? E poi sì… non è proprio bella questa nuova stagione per il PD, ma anche per loro è il 21 di Marzo.

Anche oggi la Primavera è scesa come petali leggeri sulle teste dei disoccupati, dei giovani disperati, dei genitori che ogni giorno si dan forza, degli anziani che non possono fare la spesa e allora frugano tra la spazzatura, “ma buttar cibo non è reato, recuperarlo dai cassonetti invece sì” fa notare giustamente un tedesco proprio figo. (No, Houston, non uso “figo” per il suo cervello. Che ovviamente apprezzo un sacco.)

Si è posata, come una mano che protegge senza farsene accorgere, sui bambini che crescono diversi gli uni dagli altri, e non lo sanno che la felicità ha lo stesso suono, nel cuore, anche se non la stessa sostanza materiale. Lo scopriranno?

È arrivata a ricoprire le terre che germoglieranno in grano dorato e su cui magari qualcuno farà un picnic; sulle sponde di spiagge, di laghi, di fiumi; tra i cieli solcati dagli aerei e gli oceani tagliati dalle navi. Tra i pesci, tra le api, tra le speranze e le illusioni.

Ha portato qualcosa di nuovo alle delusioni, forse è una promessa, perché se l’Inverno ha saputo cambiar pelle, allora pure noi riusciremo a farlo, un giorno.

Sì, Houston, è arrivata anche sui prati dei camposanti, e perdonami se non mi soffermo, ma lo sai che se una lacrima rischia di tradirmi, io la truffo facendomi buffona. Tu non vuoi mica che faccia la buffona, no? Ecco, appunto.

Houston, abbiamo un problema. Ci si scorda sempre troppo da dove si arriva, di chi si è stati, della bellezza della gentilezza, della forza dell’onestà, della brutalità dell’intelligenza. Sì, non mi sto sbagliando: l’intelligenza è brutale per chi crede di giocarci, d’ingannarci, di tradirci. Di avere il potere di ferirci. Alla fine sai come andrà? Che si ferirà con le sue stesse parole, in coerenza con quel che sostiene: “L’Universo ti restituirà tutto”. Ecco, le persone intelligenti sanno essere brutali: perché insieme a quel tutto, gli danno pure il resto, a questi truffatori. Che è una lezione di vita che non impareranno mai. Sì, Houston, la gente immatura continua tutt’oggi a non crescere. Così come i denti che spuntano nuovi ai bimbetti fanno un male cane. Solo che questi non se lo possono risparmiare, il dolore di diventar grandi; quegli altri invece sì. E si raggirano.

Houston, ma vedi che mi distrai? Quante domande che mi fai! Abbiamo tutti questi problemi, come ieri che era Inverno, anche oggi ch’è Primavera. Non posso dirti da quaggiù che li risolveremo, non posso garantirti che un futuro ti contatterò dicendoti anche io la frase originale storica che poi ti ha reso celebre seppur tradotta male. Insomma, non so se ti dirò “Abbiamo avuto un problema”, sottintendendo “ma ora è tutto risolto”. L’umanità non si risolverà mai. Manchiamo di rispetto e gentilezza, di onestà e lealtà, di schiettezza. Tutte cose che fanno rima con “freschezza”, ma anche questa Primavera soffierà leggera su panorami e paesaggi senza vedere il cambiamento che il mondo e i bambini meritano.

Non sono pessimista: è che lo tengo un poco per me, questo sogno che cullo in gran segreto. Così, magari… chissà, si avvera.

Però, Houston, non tutto è perduto.

E siccome di questo io son sicura, ho voluto cercare, nei giorni passati, per portarti la dimostrazione che è così. Non tutto è perduto. La poesia, per esempio.

Qualcuna nuova l’ho scritta, sì. Più d’una. Ma io non te ne donerò alcuna.

Nemmeno di altri, no. Ci avevo pensato, a esser sincera. Io volevo giungere a te con un mazzetto di fiori raccolti strada facendo, come quando ero bambina e da sola andavo all’asilo, non troppo distante da casa, e mia madre mi scrutava dalla finestra, e non lo so cosa pensava di me mentre io allungavo il braccio e strappavo via quelle macchie di colore dal verde cui appartenevano. Sì, me ne andavo in giro da sola, ma mica dai miei cinque anni! Ne avevo tre, la prima volta che me ne sono andata col mio triciclo. Poi sono arrivati i quattordici: in bici per la campagna, raggiungendo una mia amica, e mia madre non lo sapeva se fossi arrivata o no, allora i cellulari nemmeno potevamo sognarli!

Com’era bello il mondo, il mio paese: i bambini per strada coi palloni contro il portale della Cattedrale, piazza Castello abbacinata dal sole e vivace di grida e pallonate. Niente suonerie.

Houston, ecco: sai qual è il problema più grande? La tecnologia.

Anzi no: non è la tecnologia. Siamo noi: perché lei non ha colpa se, pur mettendo a nostra disposizione mille canali, noi non siamo capaci di far partire la telefonata o il messaggio che dovremmo, chiedere “scusa”, “come stai?”, “parliamo e ci chiariamo?”. Le strade sono mille, ma noi sappiamo solo perderci. E non da coraggiosi: no, da vigliacchi.

Houston, abbiamo un problema: l’Inverno è cambiato, s’è trasformato. Ha deciso di togliersi di dosso i vecchi panni , anche se s’era affezionato, anche se gli è costato fatica, e adesso noi lo chiamiamo Primavera. PRIMAVERA. Senti già la poesia del gelsomino, Hou’, senti, senti!

…e noi, Houston, saremo mai capaci di cambiare pelle, spogliarci delle parole dietro cui ci trinceriamo, farci nuovi, farci veri?

Houston, oggi avrei voluto portarti poesie: nuove, vecchie, mie, d’altri. D’altri soprattutto. Le ho cercate, sai? Ma poi mi son chiesta: basteranno mille o una sola poesia per alleviare tutto quello che ancora ci fa soffrire, per cancellare quello che purtroppo ricordiamo, per colmare il vuoto che sempre ci porteremo dentro?

Ho risposto. Perdonami se le mie mani sono scarne e disadorne.

Una poesia a volte non basta. È allora che ci vuole più fantasia.

E se nemmeno quella, allora il silenzio.

 

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Luana Lamparelli
Luana Lamparelli, pugliese, autrice e scrittrice, collabora con artisti, scrive racconti romanzi e poesie, cura rubriche.

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