Ormai manca poco perché il nuovo libro di Paquito Catanzaro, napoletano classe 1981, arrivi in libreria, dopo il successo del suo Quattro tre tre e di molte altre opere precedenti.
Simpatico, attento, intelligente e dinamico, l’autore Catanzaro possiede quelle caratteristiche proprie di chi scrive: la consapevolezza dei molteplici punti di vista sulla stessa realtà, l’ironia e la poesia che sempre convivono insieme. Tutto questo si ritrova nel suo libro, di cui oggi vi parlo. Ma anche nella sua biografia sulla quarta di copertina:
Paquito Catanzaro è nato a Torre del Greco nel 1981. Dopo aver vanamente provato a diventare un supereroe, ha scelto la professione di attore per realizzare il sogno di raccontare a voce alta storie, fiabe, aneddoti o fatti strani. Ha fondato nel 2011 la compagnia teatrale Parole Alate con la quale ha portato in scena numerosi spettacoli in veste di attore e regista. Ha partecipato alle antologie Storie di ordinaria residenza (Homo Scrivens 2013), Dei trenta e più modi di perdere l’ombrello (Homo Scrivens 2014) e al romanzo Forza Napoli! di Aldo Putignano (Giulio Perrone 2013). Vorrebbe completare la sua nota biografica con una frase a effetto, ma in questo momento proprio non gli viene in mente nulla.
QUATTRO TRE TRE è un titolo evocativo: subito pensiamo alla formazione in campo, già immaginiamo di leggere tra le pagine di primi tempi, falli, calci di rigore, arbitri che fischiano, allenatori che imprecano, tifosi che istigano e incoraggiano. Invece no. Quattro tre tre ci dice solo che incontreremo quattro difensori, quattro centrocampisti, tre attaccanti. Non ci dice nulla però di quello che realmente la lettura ci rivelerà: storie di vita vera di colossi del calcio passati alla storia. Più quella di un allenatore e di un ragazzo che, col suo sogno, scandirà il primo tempo, l’intervallo e i minuti di recupero. Perché nella vita c’è sempre un tempo per recuperare.
Ho incontrato l’autore – alto, sorriso cordiale e accogliente, la parlata di chi non ti risparmierà nulla e la gentilezza nello sguardo – e insieme abbiamo parlato di questo libro che sa sorprendere e affascinare davvero.
Nel libro ogni racconto ci rivela aneddoti di calciatori importanti che hanno davvero fatto la storia delle squadre italiane, a partire dagli anni ’90. Pierluigi Pizzaballa, Javier Zanetti, Paolo Cannavaro, Diego Armando Maradona, David Pizarro sono solo alcuni di essi. Aneddoti minuziosi, generosamente regalati attraverso la tua opera a chi non conosce nulla di questi campioni. Quasi un libro di calcio che non parla di calcio: perché a parlare sono i calciatori stessi che ci portano nelle loro vite, per farci scoprire com’è, questa dimensione “speciale”, a piedi quasi nudi. Come sei venuto a conoscenza di tutti questi piccoli segreti?
P.C. Fondamentalmente è stato mio padre a raccontarmeli. C’è un rituale, dietro ogni aneddoto: io, mio padre Antonio e il caffè fumante di prima mattina. Il caffè è stato il vero complice di tanti momenti solo nostri, lui narrava e io ascoltavo rapito. Mio padre mi raccontava di quelli che erano i suoi idoli di calcio da ragazzo. Pur di ascoltare i suoi racconti, sono diventato caffeinomane! È stato lui la mia principale fonte di ispirazione. Per alcuni protagonisti, però, ho dovuto documentarmi diversamente, e lì c’è da ringraziare la mia grande curiosità e chi ha voluto assecondarla.
Il tuo libro ha una struttura particolare interna: c’è un racconto che fa da cornice, diviso in tre parti differenti e che fondamentalmente apre e chiude l’opera. Nel mezzo, ogni giocatore è la voce narrante di sé. Qualcuno parla dei suoi successi, qualcuno dei propri fallimenti, qualcuno di cosa ha significato raggiungere il traguardo di giocare in una squadra di serie A che poi è diventata nuovo punto di partenza. Come nasce l’idea di strutturare in questo modo il libro?
P.C. L’idea di partenza è stata quella di creare una sorta di album figurine letterario. Le immagini adesive sono state sostituite con dei ritratti letterari di momenti particolari, anche insoliti e fuori dal campo. Qualcuno che va dal barbiere, qualcuno che riceve una strana intervista. Vite di persone speciali che s’incrociano con le altrui quotidianità.
Vite di persone speciali che s’incrociano con le altrui quotidianità. Maradona si confessa: “Ti volterò le spalle anche stavolta. A occhi bassi, per vederti nel chiaroscuro di un tramonto. Lasciando che il vento porti via con sé queste parole, insieme a una nuvola di polvere. Ma ti prego, volgi lo sguardo altrove di fronte a queste mie parole e trattieni le lacrime, così che possa andare via senza fare troppo rumore. Lasciando indelebile il mio nome nella tua anima. Magari ci si rincontra, mia adorata Napoli”. Qual è stato il fattore determinante che ti ha portato alla scelta dei calciatori di cui raccontare e dell’allenatore?
P.C. Ogni personaggio che si racconta nel mio libro è un calciatore comparso almeno una volta sull’album della Panini. Zeman è stato un allenatore di inizio anni ’90. L’ho sempre ammirato per essere stato un vero rivoluzionario: è stato lui a “importare” in Italia questo modulo, il quattro-tre-tre, che dispone in campo quattro difensori, tre centrocampisti e tre attaccanti. Pizzaballa apre la carrellata di voci perché è l’unico di cui la Panini non ha mai pubblicato la figurina per la raccolta. Non era in campo quando è arrivato il fotografo per ritrarre i calciatori della sua squadra. Successivamente, per i collezionisti, la fotografia è stata recuperata e la figurina stampata, ma ovviamente a tiratura limitata. Praticamente era introvabile, i bambini erano disposti a scambiare di tutto pur di averla e completare gli album, che invece conservano quel vuoto. Tutt’oggi Pizzaballa è rara più di Joe di Maggio.
“Quattro-tre-tre” però non è il tuo primo lavoro letterario. Raccontaci di te.
P.C. Ho esordito con racconti pubblicati su diverse antologie di Scout, la collana della casa editrice Homo Scrivens sempre attenta alle nuove firme. Ho pubblicato anche altri romanzi e racconti. (Vedi nota biografica) Poi ci sono gli spettacoli teatrali.
Parlare di calcio ti ha sempre entusiasmato.
P.C. Sì, decisamente. Prima del libro c’è stato uno spettacolo, portato in scena in diversi teatri: “Perché in fondo Pizzaballa vale più di Maradona”, sempre ispirato alla mitica figurina introvabile.
Il teatro, veniamo a questo capitolo. Perché tu, oltre a scrivere, reciti. Una domanda sembra quasi obbligata: ti senti più uno scrittore o ti definisci un attore?
P.C. Io dico che lunedì, mercoledì e venerdì sono un attore che scrive; martedì, giovedì e sabato, invece, uno scrittore che recita.
Quasi molteplici personalità che convivono in un unico essere, direi, considerato che ogni scrittore e ogni attore sono, in una certa misura, anche i personaggi a cui danno voce. Da grande cosa vuoi fare?
P.C. Voglio continuare a fare tutto questo, magari con una busta paga fissa a fine mese.
Chi è Dante, il protagonista di cui racconti in Quattro tre tre? In qualche modo ti rappresenta, ha connotazioni biografiche o autobiografiche?
P.C. Dante mi rappresenta molto come ragazzo, perché dal punti di vista caratteriale è un sognatore, fa della necessità di gavetta un punto di forza. Non recrimina, non si lamenta. Si rimbocca sempre le maniche, non si dà mai per vinto. È una sorta di me proiettato in chiave calcistica con tutti i sacrifici che faccio.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
P.C. Tra la fine di febbraio e l’inizio della primavera arriverà in libreria il nuovo romanzo. “Centomila copie vendute” è il titolo.
E noi speriamo che ne venda almeno centocinquantamila.
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