LINGUAGGIO PUBBLICO E DEMOCRAZIA – Intervista a Gianrico Carofiglio

In questi giorni sicuramente stiamo leggendo tutti un po’ di più e siamo sempre sintonizzati per restare aggiornati in tempo reale. Mai come prima d’ora, data l’emergenza globale a cui ci inchioda il Coronavirus, il linguaggio di chi ci parla – dai medici ai politici agli scienziati agli esperti – deve essere chiaro, diretto, immediato, per poter avere una comunicazione efficace ed efficiente che raggiunga tutte le fasce della popolazione. Il linguaggio, mai come oggi, deve farsi ed essere democratico.

Questa considerazione mi ha ricordato un confronto avuto con lo scrittore Gianrico Carofiglio su un suo saggio, “Con parole precise” (Laterza, 2015) e l’intervista che ho curato per un giornale.

La ripropongo, per la prima volta in versione integrale.

Chissà, magari vi ricorda di avere un libro dell’autore che aspetta ancora, in un angolo di casa, di essere letto.

L.L. “Con parole precise”: perché un saggio sull’uso della parola che si faccia breviario di scrittura civile?

G.C. Perché occuparsi del linguaggio pubblico, del linguaggio della politica, delle aziende, è un tema centrale della democrazia. La democrazia necessita di chiarezza per vivere. Quando il parlare è oscuro, il dialogo è difficile, scompare quasi, e questo significa non lavorare più per la democrazia, anzi impedirne il progresso.

L.L. Dal libro, all’iniziativa: lezioni frontali con gli avvocati del futuro. Come nasce questa iniziativa, quale esigenza mira a soddisfare o a far emergere?

G.C. Fondamentalmente l’esigenza sia dell’etica sia dell’estetica del linguaggio, che in molti diviene una necessità da conciliare con il ruolo che si svolge. Si tratta di lezioni non solo con per gli avvocati del futuro, ma anche e soprattutto con e per quei professionisti che hanno alle spalle lunghi anni di esperienza, professionisti consolidati, affermati, sensibili e attenti al tema della comunicazione efficiente e chiara, del linguaggio chiaro. Il linguaggio degli avvocati, della magistratura è ancora oggi creato appositamente per creare distanza tra chi è giurista e chi non è del settore. Personalmente un tempo, quando praticavo ancora il mio ruolo di magistrato, non ero consapevole di scrivere nel modo che contesto nel mio nuovo saggio, Con parole precise. Rendermene conto, acquisirne consapevolezza, ha determinato il cambiamento.

L.L. Un’esigenza/necessità che riguarderà quanti rientrano nella “casta”, per utilizzare un termine molto usato nel suo saggio?

G.C. La risposta è impossibile perché tra i grandi avvocati alcuni sono interessati a mettersi in discussione e cambiare, acquisire chiarezza di linguaggio e quindi costruire una comunicazione chiara, altri no.

Quando utilizzo il termine “casta” mi riferisco ai giuristi che si pongono in una maniera precisa nei confronti di chi giurista non è. Appartengono alla casta coloro che si avvantaggiano grazie al potere del linguaggio. Lo squilibrio del potere del liguaggio è interno alla casta. Alcuni titolari e soci dei colossi legali sono più inclini a ragionare, a riflettere, a interrogarsi e ad agire di conseguenza, in merito al tema. Altri no. Riflettere sull’operatività e necessità della chiarezza di linguaggio ha a che fare col progresso della cultura giuridica e della responsabilità sociale.

Se fossi il titolare di un grande studio legale, mi porrei il problema di educare e rieducare a una lingua più comprensibile, di attirare l’attenzione su documenti accessibili e fruibili per tutti, anche per chi giurista non è. Cercherei, insomma, di educare all’etica della cultura legislativa. Anche perché un linguaggio chiaro renderebbe economicamente più produttivo il lavoro. Il lato oscuro del lavoro giuridico sta nella non facile comprensione e questo determina gli elevati compensi dei professionisti: laddove c’è il limite per l’accessibilità, lì nasce l’esigenza di rivolgersi al professionista. La “casta” difficilmente riconoscerà il valore e l’importanza di un’etica della cultura legislativa che consenta a tutti la comprensione e l’accessibilità, benché esse siano oggigiorno fondamentali per garantire un’autentica democrazia.

tratto da Con parole precise, G. Carofiglio, LAterza Editori, 2015

L.L. In commercio ci sono già molti manuali su come scrivere, come parlare, come comunicare. Mi permetto di farle una domanda alquanto impertinente: c’era davvero bisogno di un altro manuale di scrittura, se non sappiamo ancora come scrivere?

G.C. I manuali riproducono essi stessi gli errori che contestano, molto spesso. Come si fa una tesi di laurea, saggio scritto da Umberto Eco nel 1977, è un manuale principe tutt’oggi proprio perché è fatto bene. Non solo per redarre correttamente una tesi di laurea: anche per molti altri documenti. Ci sono manuali mediocri e altri pessimi, e poi manuali onesti e quindi buoni. L’onestà non è sufficiente, ma è necessaria. La seconda parte del mio nuovo lavoro, Con parole precise, si chiama breviario proprio perché non vuole avere la pretesa di essere un manuale: piuttosto che indicare quello che non va, mi piace attirare l’attenzione su quello che è fatto bene. Un buon manuale ha la capacità di attirare l’attenzione su quello che è giusto e su quello che è sbagliato. Il valore aggiunto, poi, è creato dalla dignità professionale, e quella ha a che fare con ciascun avvocato, con ciascun professionista, con ciascuno di noi. Fare bene il proprio lavoro ha molto a che fare con l’amore per sé stessi, con la propria dignità.


tratto da Con parole precise, G. Carofiglio, LAterza Editori, 2015

L.L. “Con parole precise” giunge ai lettori dopo circa un anno dalla pubblicazione del suo ultimo romanzo, “La regola dell’equilibrio”. Nel suo stesso saggio fa riferimento all’ultima impresa dell’avvocato Guerrieri, il protagonista, riportandone uno stralcio in cui lo stesso personaggio sottolinea l’assurdità dell’avvocatese. Come si conciliano in Carofiglio – in lei – il magistrato e lo scrittore attraverso il protagonista che ha creato?

G.C. Il mio avvocato Guerrieri è in realtà un’autobiografia potenziale. Io sono un magistrato, ma non un avvocato, perciò Guerrieri è quello che io sarei stato se fossi diventato avvocato.

Guerrieri è uno attento, che valuta le situazioni. La capacità di valutare richiede equilibrio, anche e soprattutto di fronte alle situazioni pericolose. Esse richiamano in noi la consapevolezza della nostra debolezza, perciò ci richiamano al sorvegliarci, a sorvegliare sé stessi. Prenderci cura di noi, sorvegliarci, difenderci: tutti aspetti che passano attraverso l’etica e l’estetica del linguaggio, la bellezza del parlar bene come valore imprescindibile per una comunicazione efficiente ed efficace.

L.L. Il finale dell’ultima vicenda dell’avvocato Guerrieri è difficile da prevedere per il lettore, forse perché abituati al ruolo dell’avvocato e non alle persone che gli avvocati sono al di là del compito sociale che ricoprono. Un finale che mi ha fatto riflettere sulle prospettive particolari che sempre, nella stesura dei suoi racconti, lei Carofiglio ha: quella di magistrato, quella di scrittore e quella di cittadino tra i cittadini. Tre angolazioni privilegiate, direi. Alla luce di tutto ciò, le chiedo: Carofiglio è mai stato in contrasto con Guerrieri?

G.C. Sa che non ho una risposta da darle? Questa è esattamente la domanda che non mi hanno mai fatto. Ricevere una domanda che non è mai stata posta e non avere una risposta è un bel colpetto, le devo fare i miei complimenti. Scriva questo come risposta alla sua domanda, mi aspetto di leggerlo nell’intervista che pubblicherà.

LUANA LAMPARELLI INTERVISTA GIANRICO CAROFIGLIO SUL SAGGIO “CON PAROLE PRECISE” (LATERZA, 2015)

LUANALAMPARELLI.IT | COPYRIGHT 2015, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020 | TUTTI I DIRITTI RISERVATI | VIETATA LA RIPRODUZIONE PARZIALE O TOTALE AI SENSI DI LEGGE | circolamparelli@gmail.com

Luana Lamparelli
Luana Lamparelli, pugliese, autrice e scrittrice, collabora con artisti, scrive racconti romanzi e poesie, cura rubriche.

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *