Il testo che segue risale al 2011. All’epoca è stato pubblicato su molte riviste cartacee a diffusione nazionale. Lo riporto oggi qui, per un motivo particolare e una persona eccezionale. Nel Dietro le quinte, in fondo al brano, tutti i dettagli.
Ho cinque anni. Forse ne ho già compiuti sei. Non ricordo. Potrei perfezionare questo ricordo. Chernobyl, come semplicemente chiamiamo quel disastro, è stato nell’85 o nell’86? Basterebbe poco per perfezionare il ricordo. Poco quanto un click. Ma non lo farò. Che importanza ha una data, un insieme di numeri che comunque non cambierà il corso della storia? Chernobyl è stato. È accaduto. Numero più, numero meno. Frequento l’ultimo anno di asilo. Ci impediscono di giocare in giardino. “È pericoloso!”, dicono. E ci rido su. L’aria che respiriamo è la stessa, che ci troviamo su un prato o al centro di una strada. Ci hanno impedito, ma io già voglio scoprire il perché dei divieti. Così, mentre mamme e maestre parlano, io e la mia migliore amica d’asilo sfidiamo quel divieto. Forse anche la sorte. Sgattaioliamo fuori, facciamo il perimetro del giardino trattenendo il fiato. Senza respirare! Per vedere chi ce la fa di più.
Ho dieci anni. Ho il sussidiario. Lo sfoglio. Mi blocco.
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