Houston, dove è cominciato tutto ciò?
L’idea di parlare a un pubblico, intendo: a persone che non posso guardare in faccia, come invece accade solitamente, e di estendere quel che penso e che dico, partendo dal presupposto che nessuno possa esservi interessato, al di là di chi magari già mi conosce.
Le presentazioni dei miei romanzi mi regalano sempre grandi emozioni: perchè rivedo gente che non vedo da tempo e che vi partecipa per salutarmi, vedo i lettori, li conosco, gli stringo la mano. Parlo finalmente con chi mi segue, che vien lì per ascoltare quel che ho da dire. Son tanti, ogni volta lo scopro con sorpresa. Ma io perchè scrivo un blog, un sito internet? Avevo promesso a me stessa che non l’avrei avuto mai, perchè oggigiorno scrivono tutti, siamo nell’era dei social dove si fa a gara a chi fa prima click. Però poi ho deciso di cambiare idea.
Tutto iniziò un pomeriggio dello scorso anno. Era un sabato di maggio, avevo del tempo libero, una casa tutta per me. Andai a far la spesa, in quel pomeriggio che non scoppiava ancora di caldo insopportabile. Mi piace far la spesa: scegliere gli ingredienti e i prodotti, andare dai negozianti di fiducia, scambiare una chiacchiera cortese con loro, guardare, sorridere, ascoltare; aggirarmi per gli scaffali curiosando tra le spezie e tutto quello che non conosco. Quel pomeriggio lì mi chiesi: “Cosa non prepari da tempo?”. Una domanda, alle volte, può essere un varco, uno spiraglio che pian piano si allarga e ci fa guardare a qualcosa che avevamo dimenticato. Da tempo non preparavo cene, di quelle dove prepari antipasti, primi, secondi, e così via, con candele, musica in sottofondo, risate e chiacchierate degli invitati che si fanno più distese man mano che il vino diminuisce. Dolci. Soprattutto da tanto non preparavo dolci. Un tempo ne preparavo moltissimi: per la colazione, soprattutto. per la domenica, per compleanni e feste in casa. Era un bel modo di prendersi cura di sè e di festeggiare momenti che ritenevo importanti. Poi tutto finì. Finì e io cambiai tutto della mia vita, prima di tutto il mio status, con un colpo che lasciò di stucco. Chiudere una storia talvolta, piuttosto che un voltar pagina puro e semplice, è un voltare le spalle a sé stessi, alla parte di noi più legata a quello stile di vita che (volenti o nolenti) dobbiamo cambiare. Per la prima volta nella mia vita, spaventata e determinata insieme, scegliendo di chiudere quella storia decisi quel che volevo per me, tra pagine nuove in cui io stessa non sapevo bene chi fossi. Dovevo conoscermi e scoprirmi, misurarmi e confrontarmi, non solo con nuove persone, nuovi colleghi, nuovi amici, ma anche e soprattutto con le mie ambizioni di sempre, con i sogni sempre accantonati perchè c’erano mille altre cose da fare, con le mie capacità e i miei limiti, per lavorare davvero su me stessa. Ho cambiato paese: la scelta più celere per scoprire le risposte autentiche a tutti gli interrogativi che mi ponevo. La scelta più ardua anche per non avere nessuno su cui contare: se dovevo sbagliare, volevo farlo con la mia testa; se dovevo imparare in fretta, volevo sbagliare e porvi subito rimedio, senza poter contare su nessuno. Una sfida. A tratti mi è sembrata enorme e insormontabile. Poi, col tempo, pian piano, tutto si è ridimensionato. E’ stato in quel periodo che mi è giunto un invito: scrivere un racconto su commissione. Avevo i tempi stretti e il lavoro a scuola mi teneva in un’aula anche fino a sera. Avevo però anche chi non mi permetteva di lasciarmi sfuggire quell’occasione: era una donna che insisteva, a scrivere quel racconto dovevo essere io. Allora non lo sapevo, ma quello era l’inizio di tutto. Da lì è nato Giardini senza tempo. Mentre lo scrivevo, conoscevo nuova gente del paese in cui mi ero trasferita. Mentre lo rivedevo e lo ultimavo, iniziavo a salutare la gente per strada e a fermarmi con loro per un saluto più cordiale. Mentre lo pubblicavo, in piena estate, redigevo una raccolta di poesie e iniziavo a mettere ordine tra i racconti del secondo, a prendere appunti per il terzo, e poi ancora altri appunti per un nuovo… Ho perso il conto delle storie che ho da scrivere, così come delle serate e dei viaggi. Ho perso il conto delle presentazioni che ho già tenuto, di quelle che son saltate per motivi logistici, delle mani che ho stretto con l’umiltà di chi deve dire prima di tutto grazie. Ho perso il conto dei sorrisi, delle parole belle dettemi guardandomi negli occhi e di quelle che mi son state scritte tramite e-mail, delle risate che mi son fatta ironizzando con i miei amici sui personaggi inventati e le loro storie. Insomma: mentre lavoravo per dare avvio a un nuovo percorso, la mia vita cresceva, prendeva una nuova forma, si riempiva di colori. Vedi, Houston, realizzai tutto ciò l’anno scorso, mentre mi aggiravo tra gli scaffali di un supermercato. Con quella sola domanda, “Cosa non preparo da tempo?”, mi resi conto che avevo fatto molto per me stessa: la mia qualità della vita era notevolmente cambiata. Adesso avevo realizzato il sogno di pubblicare un libro e un altro di lì a breve sarebbe stato pubblicato, in molti lo aspettavano persino. Avevo feste, cene, serate, amici a volontà in ogni paese, e questo per me era davvero sorprendente se penso alla ragazzina timida che ero. Avevo una casa tutta mia che avevo arredato da sola, senza dover scendere a stupidi compromessi con una persona che voleva vincere a tutti i costi imponendosi. Avevo persone sincere su cui contare seriamente, capendo così che da soli ce la facciamo benissimo, ma in compagnia è meglio. Cosa però non facevo più, cosa avevo perso realizzando quella versione autentica di me, smessi i panni della figlia perfetta e della compagna che non smetterebbe mai di essere amorevole benchè non ne valga davvero la pena? Non cucinavo più dolci per la colazione, non mettevo più fiori nei vasi, non curavo più le piante in veranda, non trascorrevo piacevoli ore del pomeriggio leggendo, non dipingevo più, non disegnavo più nemmeno parlando distrattamente al telefono. Non trascorrevo più tempo in casa, presa da tutti gli impegni fuori, e scoprivo, riflettendoci, che tutto ciò mi mancava.
Tornando a casa con la spesa, mi son resa conto che avevo messo da parte molte cose del mio passato per far spazio alle nuove, ma crescere non significa perdere una parte di sé: significa migliorarsi, significa amarsi di più e meglio di prima. Dovevo ricominciare. Ricominciare dal ciambellone per la colazione, ricominciare a curare quella parte di me che un tempo ricorreva alle cose semplici per ritagliarsi il suo angolo in una vita di coppia non soddisfacente. E dovevo scriverlo. Scriverlo non per me, ma perchè potesse essere d’aiuto per tutti quelli come me, uomini e donne, che a un certo punto hanno guardato il volto della persona che amavano e hanno deciso di non mentire più a sè stesse negando l’evidente: ovvero la mancanza di reciprocità. Ho deciso di farlo perchè dopo una storia bisogna ricominciare, e non solo ripartire da zero. Significa che dobbiamo ricostruirci la nostra quotidianità, fatta della nostra sola presenza, creando nuove abitudini e nuove tradizioni. Per far questo abbiamo bisogno di tempo e spazio, sentimentalmente dico. E poi, quando abbiamo nuovamente creato i nostri equilibri, dato spazio a quello che di noi avevamo messo da parte per realizzarci in stupidi ruoli preconfezionati che non ci determinano nella nostra unicità, quando finalmente abbiamo creato una nuova e solida autostima, dobbiamo ricominciare a fare quello che facevamo e che ci faceva stare bene, che ci rendeva felici in modo del tutto diverso. Come preparare torte, per esempio. Perchè se un pezzo della nostra vita è chiuso, quello che allora facevamo siamo sempre noi, e sarebbe un peccato sprecare quelle capacità, non saremmo completi se non unissimo il nuovo traguardo coi vecchi successi. Allora mi promisi, in quel pomeriggio, tornando a casa con le buste della spesa: “Ricomincio da dove ho finito”. Una volta a casa, poi, fu la volta della crostata: la farina, le uova, il burro, il tavolo pieno degli ingredienti, la pasta frolla che prendeva forma sotto le mie dita. E mentre era in forno, allora presi anche a disegnare. Una cosa piccola: in fondo è sempre dalle cose piccole che si inizia. Che si incomincia, che si ricomincia.
Certe storie non sono per sempre, le abitudini d’un tratto finiscono in frantumi come vasi di cristallo che si schiantano sul pavimento. Vanno in mille pezzi, e con essi le nostre vite. Lo smarrimento è inevitabile, ma non dobbiamo scordarci che siamo degni d’amore sempre e che l’amore esiste già nelle nostre vite, esiste sempre intorno a noi. Se non è quello di un compagno o di una compagna, non è una tragedia: sarà l’amore di tutte le persone a cui sapremo sorridere, incoraggiandole; sarà l’amore di tutte le persone che aiuteremo, con gentilezza; sarà l’amore che daremo incondizionatamente e che incondizionatamente riceveremo da tutti gli amici cari, quelli veri, quelli di una vita, da quelli nuovi che verranno. Le amiche prima di tutto mi hanno fatta sentire amata, dopo il mio voltar pagina. Mi hanno insegnato che la prima persona fra tutte quelle che possono darci amore e che meritano il nostro amore è esattamente quella che guarderemo nello specchio svegliandoci al mattino. Se l’avessi imparato prima, quella storia in cui ero sola a lottare per una coppia che non esisteva probabilmente sarebbe finita molto prima. Dovrebbero insegnarci l’amore per noi stessi, invece di inculcarci che pensare bene a sè è egoistico. Se avete smesso di volervi bene, di dedicare il tempo anche ai piccoli scarabocchi o alla passeggiata al parco,di tenere per mano quello che facevate per far spazio a nuove sfide e nuovi successi (e questo significa anche insuccessi, sappiatelo), ditelo anche voi: Ricomincio da dove ho finito. E fatelo.
Houston, per questa volta non abbiamo un problema: il buon senso è salvo. In fondo, ci siamo salvati. Siamo stati alieni, trovandoci smarriti su questa Terra, tra ciò che credevamo di conoscere e pensavamo ci appartenesse, ma per fortuna ci siamo riscoperti come suoi abitanti. Per una volta, con buon senso.
Adesso andiamo a dormire: sono le 2.00 del mattino. Ecco cosa accade se nel cuore della notte, ricordando un pomeriggio.
Per cena che ne dici se invitassimo Orlando e Astolfo, domani?
Foto, disegni e testi: ©Luana Lamparelli
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